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Markus Skabb (1968- ?)

Un vagabondo del nulla, con la passione per la scultura e l’arte funeraria. Oltre a soddisfare uno spiccato gusto per il macabro che mi pervade fin da bambino, i miei vagabondaggi cimiteriali vogliono essere anche un modo per testimoniare e valorizzare l’importante patrimonio artistico funerario nazionale. Un giorno, forse, i cimiteri non esisteranno più. La cremazione, complice anche una mutata sensibilità a livello sociale nei confronti del rito funebre e l’emergere di altre forme religiose diverse da quella ufficiale del cattolicesimo romano, il Buddhismo ad esempio, sta raccogliendo sempre più consensi; soprattutto oggi che la Legge permette la dispersione delle ceneri. Non muoiono solo le persone, muoiono anche le statue.

 

Dicono di me:

<< Nell’epoca dell’immagine e della globalizzazione, anche i cimiteri monumentali sono diventati una realtà da vedere assolutamente. Tour operator, convegni, giornate celebrative, i “non luoghi” per eccellenza, veri e propri musei a cielo aperto, colmi di monumenti e sculture che formano un patrimonio artistico sconosciuto ai più, sono diventati negli ultimi anni meta di pellegrinaggio turistico.

Ma forse non tutti sanno che accanto al lato “luminoso” e internazionale del turismo cimiteriale dei soliti noti, Staglieno (GE), il monumentale di Torino, il monumentale di Milano, solo per citarne alcuni, vi è un lato “oscuro” e vernacolare: sono i cimiteri di provincia (in questo caso del Piemonte, area in cui opera Markus Skabb), al cui interno si nascondono dei veri e propri gioielli appartenenti alla scultura funeraria. Gioielli spesso dimenticati, destinati all’oblio a causa del frequente stato di abbandono, ma non per questo meno importanti e privi di fascino.
E’ il caso della parte vecchia del cimitero di Asti, in cui si possono ammirare opere di Leonardo Bistolfi, Luigi Contratti e Corrado Betta; o l’angelo di marmo del grande Vincenzo Vela a Pinerolo, in provincia di Torino; Novi Ligure (AL), il cui cimitero comunale è una sorta di succursale del vicino cimitero di Staglieno, con opere di Orengo, Bolla, De Barbieri, già attivi nel capoluogo ligure; o il cimitero di Billiemme, alle porte di Vercelli, al suo interno sculture di Arganti e Villa; Casale Monferrato (AL), tomba Ariotti con le cariatidi collocate al suo ingresso; Cuneo, oltre alla famosa Sfinge di Leonardo Bistolfi, è possibile osservare il volto sofferente di un Cristo corroso dal tempo, opera di Luigi Piatti, che vale più di mille rappresentazioni pittoriche sulla passione; Tortona (AL), al cui interno si trovano le sfingi di Antonio Argenti ( molti dei suoi lavori sono presenti presso il monumentale di Milano) .

Con la sua prima mostra fotografica, strutturata in tre stazioni (Anche le statue invecchiano, La bellezza irride la morte, In gabbia), Markus Skabb attraverso i suoi vagabondaggi cimiteriali ci porta alla scoperta di questi tesori, presentandoceli come testimoni viventi della caducità.

Contrariamente a quanto asserito da Vilém Flusser che definisce la fotografia “una superficie significante che riduce astrattamente in due dimensioni la realtà tridimensionale”, nelle fotografie dell’artista si riesce a percepire la tridimensionalità della scultura dando quasi l’illusione che la figura ritratta sia una persona in carne ed ossa.

La scelta del bianco e nero risulta determinante poichè contribuisce ad enfatizzare il dramma senza le inevitabili distrazioni del colore.

L’autore decontestualizza dal loro ambiente queste sculture donandogli la vita e strappandole così all’oscurità. Markus Skabb infatti non si limita a fotografare col solo fine di testimoniarne l’esistenza ma, attraverso la sua visione, le rende protagoniste di una storia. Dare vita a ciò che vita non ha.>>

– Valentina Gramaglia –

 

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